La quarta gamma dal punto di vista merceologico
Inizialmente la quarta gamma non è stata identificata, in Italia, con una specifica categoria merceologica e solo a partire dal DM(SAN) del 16/12/1993 sul controllo ufficiale biotossicologico dei prodotti alimentari deteriorabili è stata identificata come categoria e compresa tra i prodotti indicati nell’art. 1 lettera c punto 6: prodotti alimentari sfusi destinati alla vendita previo frazionamento ai sensi dell’art. 1, comma 3 del DLgs 27 gennaio 1992 n. 109, non sottoposti a congelazione o a trattamenti atti a determinare la conservazione allo stato sfuso per periodi superiori a tre mesi (quali sterilizzazione, disidratazione, affumicatura, aggiunta di soluti e/o di conservativi antimicrobici, altri trattamenti di pari effetto) costituiti in tutto o in parte da prodotti ortofrutticoli freschi, refrigerati e no.
Da qualche anno è inclusa dall’Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari (AIIPA) nel quattordicesimo gruppo merceologico tra preparazioni alimentari varie.
Si tratta di prodotti merceologicamente nuovi, freschi come i vegetali venduti sciolti, porzionati e imballati come le conserve, ma con una vita commerciale generalmenmte inferiore a 10 giorni, gestiti come prodotti dell’industria alimentare, ma l’industria relativa non è ancora del tutto differenziata dall’azienda agricola.
La legislazione alimentare si occupa degli aspetti igienici degli alimenti in tutte le fasi del ciclo di vita dei prodotti: produzione delle materie prime, trasformazione, confezionamento, distribuzione, deposito, vendita, somministrazione. Gli alimenti che provengono direttamente dall’agricoltura o dagli stabilimenti di trasformazione, e le altre sostanze che possono accompagnarli (quali additivi, biocidi, coadiuvanti tecnologici) devono essere conformi alle norme vigenti e devono essere lavorati, trasformati e conservati in locali idonei da personale qualificato.
Tipi di normative
Il settore è regolamentato da norme obbligatorie e volontarie. Nella legislazione italiana ed europea le norme obbligatorie si caratterizzano per due ambiti di applicazione:
- generico (orizzontale), riguardante tutti i prodotti alimentari, al fine sia di proteggere la salute pubblica (per esempio, uso di additivi, igiene degli alimenti) che di tutelare altri interessi dei consumatori, quali un’appropriata informazione sul prodotto o la prevenzione di frodi commerciali (per esempio, quelle concernenti una non corretta etichettatura);
- specifico (verticale), riguardante determinate categorie di prodotti alimentari con specifiche dettagliate (ad esempio, prodotti della pesca, prodotti carnei, latticini).
Nel Regolamento 178/2002 per l’istituzione dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare l’Unione Europea ha definito i principi comuni che sono alla base della legislazione alimentare e la relativa terminologia, le modalità di applicazione e gli obiettivi della normativa in materia di alimenti:
- corretto funzionamento del mercato dei prodotti alimentari;
- definizione precisa e non equivoca dell’alimento;
- elevato livello di protezione della salute;
- analisi indipendente del rischio;
- il diritto del consumatore ad informazioni accurate;
- rintracciabilità dei prodotti alimentari;
- piena responsabilità degli operatori di mercato per la sicurezza degli alimenti;
- rispetto degli accordi internazionali in materia di commercio;
- sviluppo trasparente della legislazione alimentare e il libero accesso all’informazione al riguardo.
Allo stato manca una normativa verticale per gli alimenti vegetali, eccetto che per il pomodoro da industria. Alcuni norme sono state fornite dal Regolamento CE 852/2004, che definisce i criteri microbiologici di tutti gli alimenti, e dal Regolamento CE 839/2008, in cui sono indicati i livelli massimi di residui (LMR) di fitofarmaci ammessi negli alimenti. Per la quarta gamma la concertazione di normative specifiche è ancora in fase esplorativa. Una normazione degli aspetti igienico microbiologici è stata proposta in Francia nel 1971 ad opera del Centro tecnico interprofessionale ortofrtutticolo (CTIFL) e accettata dal Governo con pubblicazione sulla GU francese nell’aprile 1992. Le imprese italiane, per quanto molto attive sul versante delle esportazioni e mature per la formulazione di proprie norme verticali per i vegetali pronti, non le hanno ancora definite e, malgrado il quadro normativo incerto, questi prodotti sono commercializzati su larga scala.
Normativa specifica
Dagli anni ’90 l’Unione Europea ha prodotto varie direttive e regolamenti per l’igiene degli alimenti. La direttiva 43/93/CE (recepita nel DLgs 155/97, in vigore dal marzo 2000) ha segnato due importanti punti di progresso nel settore alimentare:
- ha obbligato le imprese alimentari all’impiego dell’analisi del rischio e dei punti critici di controllo (HACCP)
- ha stimolato l’applicazione di sistemi qualità certificati per i prodotti commercializzati nell’Unione.
A partire dal 2001 la legislazione sul quaderno di campagna (DPR n. 290/2001) e il Regolamento CE 852/2004 sull’igiene dei prodotti alimentari, che ha superato il decreto legislativo 155/97 assimilandone i principi, hanno esteso l’obbligo all’autocontrollo alla produzione primaria, comprese le attività di trasporto, magazzinaggio e manipolazione, intese come operazioni associate ai prodotti primari sul luogo di produzione, purché tali prodotti non subiscano modificazioni sostanziali, coprendo l’intera filiera agroalimentare.
Il ‘pacchetto igiene’, ancora in completamento, ha altresì contribuito a fornire un quadro normativo orizzontale più preciso, che facilita la definizione di norme verticali per la quarta gamma. Il regolamento CE 2073/2005 ha definito per i vegetali di quarta gamma i limiti ammessi di Escherichia coli sulla materia prima e sui prodotti, come criterio di igiene del processo di lavorazione, e i limiti ammessi di Listeria monocytogenes e di Salmonella spp. sui prodotti come criterio di sicurezza alimentare (norme obbligatorie).
Tali criteri sono stati confermati dal successivo regolamento CE 1441/2007 per i prodotti vegetali freschi. Non sono ancora indicati obblighi per il sistema produttivo agricolo e per la gestione post-raccolta dei vegetali fino all’immissione in lavorazione. Al riguardo sarebbero opportune indicazioni sulla durata ammissibile della conservazione pre-lavorazione dei vegetali per quarta gamma, per evitare eccessive perdite di nutrienti e consolidamenti della microflora sulle superfici.
In genere gli operatori italiani della quarta gamma non si limitano alle norme nazionali ed europee, ma adottano criteri ancora più restrittivi di quelli dei Paesi che già hanno una legislazione verticale e norme come quelle della Food and Drug Administration (FDA) o di altri Paesi europei che definiscono più in dettaglio la gestione dei parametri di processo e di conservazione, la possibilità di utilizzo di disinfettanti e le dosi ammesse, la durata della vita commerciale del prodotto finito, imballato con atmosfere modificate e no (parametri processo). Gli operatori agricoli più attenti hanno da tempo aderito all’impiego di norme volontarie richieste da certificazioni specifiche per la produzione primaria, come protocolli di buone pratiche agricole (GAP) EUREPGAP e GLOBALGAP, e di buona gestione dei prodotti, come BRC (British Retail Consortium) e IFS (International Food Standard).
Tendenze normative e opportunità
Oltre alla produzione di norme orizzontali, le Istituzioni Europee si stanno muovendo verso una normazione specifica per la quarta gamma. In Italia è in studio una norma UNI per la quarta gamma riportante i requisiti qualitativi e di confezionamento e i metodi di controllo per l’accettazione delle materie prime, anche in vista di un’applicazione per il mercato all’ingrosso, con definizioni, denominazioni merceologiche, requisiti qualitativi, indicazioni sugli imballaggi, contaminanti, controllo alla produzione, regole per la conservazione.
La norma UNI dovrebbe definire una durata di conservazione pre-lavorazione dei vegetali ragionevole per i produttori, per consentire elasticità nell’impiego del materiale vegetale, e per i consumatori, per non compromettere la qualità igienica ed organolettica dei prodotti con una conservazione troppo prolungata.
Una normativa verticale obbligatoria o volontaria del tipo UNI obbligherebbe tutti gli operatori ad adeguarsi a regole esplicite. Le regole qualificanti dovrebbero riguardare la gestione delle colture e della raccolta, la durata di conservazione ammissibile per i vegetali prima della trasformazione, l’uso di biocidi per il lavaggio e le modalità di controllo della catena del freddo dalla raccolta al consumo. Tale normativa consentirebbe un miglioramento della qualità complessiva dei prodotti e la valorizzazione di marchi.