Nella preparazione dei vegetali freschi-pronti il lavaggio rappresenta finora l’unico trattamento per eliminare impurità e ridurre la consistenza della carica microbica senza danneggiare il prodotto. Aiuta inoltre a cicatrizzare i tagli, asportando i succhi fuoriusciti, che altrimenti sarebbero risorse nutritive per la proliferazione dei microrganismi, e frena i processi degradativi a carico dei tessuti vegetali, se praticato con acqua fredda.
L’efficacia del lavaggio dipende dalla qualità del materiale di partenza (integrità, pulizia e bassa carica microbica) e della lavorazione (tagli netti senza schiacciamenti e lacerazioni).
Il lavaggio agisce selettivamente sulle diverse componenti microbiche epifite determinando un’alterazione del rapporto Gram positivi/Gram negativi, con riduzione della proporzione di questi ultimi rispetto al 90-95% iniziale e possibile aumento di opportunità per eventuali patogeni sopravvissuti o introdotti mediante contaminazioni secondarie, favoriti dalla riduzione del numero di competitori. Lo stress provocato alle popolazioni di microrganismi potrebbe favorire la comparsa di biofilm, dentro i quali i microrganismi dannosi potrebbero trovare protezione. Il lavaggio quindi è un trattamento non privo di inconvenienti, del quale è opportuno conoscere i limiti.
Scarsa efficacia antimicrobica
L’obiettivo principale del lavaggio è rimuovere terreno e altri materiali estranei dalle superfici vegetali e non può essere inteso come un mezzo di rimozione dei microrganismi, non essendo efficace a tal fine anche se potenziato con i più attivi biocidi ammissibili. I trattamenti con vari biocidi, sperimentati a concentrazioni non dannose per la salute dei consumatori e la qualità dei vegetali, hanno mostrato di produrre nella maggior parte dei casi una rimozione parziale della popolazione microbica, raramente oltre il 99%.
L’efficacia antimicrobica del lavaggio tende a ridursi con l’aumento del tempo di conservazione dei vegetali dopo la raccolta, per la crescente probabilità che i microrganismi si siano saldamente fissati in posizioni inaccessibili, incorporati in biofilm, ossia in una matrice cellulare polisaccaridica che tiene unite le cellule e le incolla alle superfici di attacco. Il biofilm aumenta la resistenza dei microbi ai disinfettanti.
Un lavaggio con acqua ad una temperatura inferiore a quella dei vegetali potrebbe far contrarre l’aria presente nei tessuti e facilitare l’internalizzazione dei batteri. In questo caso la quantità elevata del materiale della cuticola può proteggere il microrganismo, rendendone difficile il contatto con il disinfettante e aumentando l’esigenza di esposizione al trattamento.
Anche con acqua pulita, la bagnatura dei vegetali può peggiorare l’inquinamento, disperdendo sulle superfici vegetali microrganismi e altri contaminanti e favorendo lo sviluppo dei microrganismi con l’aumento dell’umidità. Considerando che la carica microbica dell’acqua di lavaggio aumenta rapidamente durante l’operazione, non si può escludere che il lavaggio possa a volte anche incrementare l’inquinamento dei prodotti.
Controindicazioni
Una riduzione generica del numero di microrganismi, se può essere utile a prolungare la durata di vita dei vegetali, per attenuazione delle attività degradative esercitate dalla microflora, non migliora la qualità igienico-sanitaria dei prodotti, perché i microrganismi innocui, anche se presenti a decine di milioni per grammo, possono costituire un’utile aggiunta alla dieta, oltre che alla microflora intestinale, e probabilmente svolgono una funzione insostituibile di ausilio digestivo, considerando la predominanza dei polisaccaridi complessi nella sostanza secca dei vegetali e le capacità di metabolizzarli dei microrganismi che li colonizzano.
Il pericolo sanitario è costituito dai microrganismi patogeni e, in mancanza di interventi capaci di colpirli specificamente, una riduzione della microflora innocua potrebbe aumentare il pericolo, facendo mancare il fattore di contrasto dovuto alla competizione per le risorse disponibili, che può contribuire a tenere a freno le popolazioni dei patogeni. Una completa eliminazione della microflora per garantire l’assenza di patogeni dai vegetali freschi-pronti non è peraltro realizzabile con i mezzi a disposizione e neppure auspicabile, in considerazione dei benefici che la presenza di microrganismi sui prodotti comporta.
Il contenimento delle cariche dei patogeni al di sotto delle soglie in grado di determinare l’insorgenza di patologie, variabili a seconda della predisposizione e dello stato di salute del consumatore, deve essere perseguito essenzialmente mediante l’implementazione di un sistema di controllo della qualità. Non c’è motivo di assegnare al lavaggio una funzione che non può avere, cercando di potenziarlo vanamente con biocidi in concentrazioni eccedenti il fabbisogno per la sanitazione dell’acqua.
Anche se la decontaminazione dei prodotti mediante trattamento con biocidi è ammessa in vari paesi terzi, tale pratica non è attualmente autorizzata Nell’Unione Europea, dove l’impiego di biocidi è soggetto a verifica preventiva di sicurezza ed efficacia da parte delle autorità preposte alla gestione del rischio. Inoltre, deve essere escluso il rischio che l’impiego determini la selezione di microrganismi resistenti.
Sanitazione dell’acqua
L’acqua per il lavaggio degli organi vegetativi deve essere potabile, in quantità sufficiente (5-10 l/kg), adeguatamente refrigerata (2-4 °C) e alla giusta pressione.
L’aggiunta di detergenti-sanitanti è utile per controllare la carica microbica durante l’impiego, eventualmente in riciclo, e nei reflui. L’impiego di sanitanti deve tener conto della compatibilità con le leggi, dell’economia di esercizio, delle possibili controindicazioni e dell’accettabilità da parte dei consumatori. In Italia si impiegano per soluzioni clorate a 80-100 ppm di cloro attivo per disinfettare l’acqua di lavaggio.
La disciplina degli additivi è definita dal DM(SAN) 209/1966 (in attuazione delle direttive n. 94/34/CE, n. 94/35/CE, n. 94/36/CE, n. 95/2/CE e n. 95/31/CE), che non considera additivi le sostanze utilizzate per il trattamento dell’acqua potabile, di cui al decreto del DPR 236/1988 (in attuazione della direttiva 80/778/CE). Modifiche agli allegati della direttiva sono state ulteriormente apportate con il DM(SAN) 183/2000.
Additivo alimentare è qualsiasi sostanza, normalmente non consumata come alimento in quanto tale e non utilizzata come ingrediente tipico degli alimenti, indipendentemente dal fatto di avere un valore nutritivo, aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari per un fine tecnologico nelle fasi di produzione, di trasformazione, di preparazione, di trattamento, di imballaggio, di trasporto o immagazzinamento degli alimenti, che si possa ragionevolmente presumere diventi, essa stessa o i suoi derivati, un componente di tali alimenti direttamente o indirettamente.
Coadiuvante tecnologico è una sostanza che non viene consumata come ingrediente alimentare in sé, che è volontariamente utilizzata nella trasformazione di materie prime, prodotti alimentari o loro ingredienti, per rispettare un determinato obiettivo tecnologico in fase di lavorazione o trasformazione e che può dar luogo alla presenza, non intenzionale ma tecnicamente inevitabile, di residui di tale sostanza o di suoi derivati nel prodotto finito, a condizione che questi residui non costituiscano un rischio per la salute e non abbiano effetti tecnologici sul prodotto finito.
I sanitanti più utilizzati sono ipoclorito, cloro gassoso (Cl2), biossido di cloro (C1O2), miscele cloro-ossigeno, perossido di idrogeno (H2O2), ozono (O3), fosfato trisodico dodecaidrato, acido peracetico, acido percitrico, acqua elettrolizzata. Nessuna di tali sostanze è priva di inconvenienti e il loro uso è soggetto a regolamenti in evoluzione.
Abbastanza diffusa è anche la sterilizzazione dell’acqua con raggi ultravioletti (UV), che sono molto efficaci contro i microrganismi non schermati, non lasciano residui e hanno effetti meno condizionati dai parametri chimici dei fluidi (pH, residui), ma richiedono molta attenzione per le aree di minor movimento, il grado di trasparenza del fluido e la quantità di particelle estranee in sospensione, per cui è indispensabile una filtrazione meccanica preventiva molto spinta dell’acqua eventualmente riciclata.
Impianti e macchine per il lavaggio dei vegetali
L’espansione dei prodotti di quarta gamma ha stimolato un progressivo perfezionamento dell’impiantistica, con sviluppo di macchine in grado di soddisfare sempre di più i requisiti di produttori scrupolosi e di normative sanitarie più specifiche. Sotto il profilo igienico un buon disegno di dettaglio negli impianti e delle macchine, eliminando punti morti e asperità e utilizzando materiali che presentano superfici ben levigate, può aiutare ad impedire la formazione di placche batteriche annidate sulle superfici e consentire una pulizia adeguata.
Filtraggio e trattamento UV dell’acqua, sistemi per l’eliminazione degli insetti e tunnel di asciugatura sono dispositivi sempre più integrati negli impianti. I dispositivi di lavaggio sono continuamente perfezionati con innovazioni tecnologiche e consentono applicazioni in base al tipo di prodotto e al suo grado di sporcizia.
Lavatrici a più sezioni
Sono divise generalmente in due o tre sezioni nelle quali viene insufflata dell’aria che causa delle turbolenze durante il lavaggio. Questa azione, detta di barbottaggio, permette di eliminare tutte le tracce terrose ed i corpi estranei senza shock violenti. Al fondo di ogni sezione è posto un dispositivo di evacuazione attraverso speciali valvole programmabili e gestibili da computer in funzione del grado di sporcizia del prodotto. La struttura è progettata con particolare attenzione all’igiene (spigoli arrotondati, livelli di troppo pieno adeguati). I tipi di filtri collegati alla lavatrice sono in genere di quattro tipi: ad UV, a secco, rotante autopulente, statico. Il mantenimento del livello termico dell’acqua a livelli pre-stabiliti (1-4 °C) è assicurato da scambiatori di calore (a piastra, a fascio di tubi, a tubi lisci o corrugati). Alcuni modelli sono forniti di una pala superiore per l’immersione del prodotto.
Lavatrici a cascata
Il sistema di lavaggio a cascata è molto efficace per staccare i corpi estranei dalle foglie. Il sistema a torrente movimenta il prodotto in modo da separare insetti e corpi estranei, consentendo di ridurre la quantità di coadiuvanti biocidi, perché non c’è riciclo dell’acqua.
Lavatrici a barbottaggio
Lavatrice a doppia azione idraulica pneumatica, idonea al lavaggio di diversi tipi di prodotti ortofrutticoli e funghi. Costituita da una vasca in acciaio inox divisa in diverse sezioni in base alla capacità, svolge un accurato lavoro di lavaggio nelle due sezioni iniziali mentre nell’ultima, in cui è montato un nastro monofilo, provvede a sgocciolare il prodotto. La possibilità di regolare il flusso del prodotto all’interno della lavatrice è garantita da una pala motorizzata, che rompe e immerge lo strato galleggiante, in azione combinata con il tamburo perforato per la rimozione dei corpi estranei. L’acqua di lavaggio è costantemente riciclata con sistemi di filtraggio autopulenti incorporati. La delicatezza dell’azione può consentire di trattare insieme prodotti distinti.
Lavatrici a tamburo
Adatte al lavaggio ed alla spazzolatura di organi carnosi (patate, carote, sedano-rapa), eliminano terra e sabbia che si trovano sulla superfici esterna del prodotto. La regolazione della velocità del tamburo e della quantità d’acqua permettono un’azione di sfregamento efficace ed un lavaggio delicato, mentre distinti tipi di spazzole garantiscono diversi effetti di spazzolatura. Può, inoltre, essere dotata di una prima e ultima sezione a barre per eliminare pietre e scarti pesanti.
Lavatrici ad aspersione
Sono caratterizzate da ugelli che lavano il prodotto con getti d’acqua e vengono impiegate in genere per operazioni di prelavaggio.